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Inferni latinoamericani – Chavismo alla frutta

Inferni latinoamericani

Per chi vive fuori dal paese, ma accettando la versione ufficiale senza
conoscere la situazione venezuelana, si sconcerta e sorprende di fronte
alla crescita del malessere collettivo e delle lotte popolari (2893
manifestazioni di piazza dall’ottobre del 2008 al settembre del 2009;
1763 nello stesso periodo dal 2007 al 2008), presentiamo alcune
motivazioni per comprendere effettivamente le cause del conflitto
sociale in Venezuela.

La maggior parte delle cifre di seguito presentate possono essere
verificate (con ampia indicazione delle fonti originali) nel Report
PROVEA 2008/2009, all’indirizzo www.derechos.org.ve. Gli altri dati inclusi sono stati estratti dalla stampa e sono rintracciabili attraverso internet.


I. – Si evidenzia il fallimento dell’attuale politica agro alimentare,
segnalando che le importazioni del settore sono salite da 1.626 milioni
di dollari nel 1999 a 7.477 nel 2008. Solo nell’ultimo anno per
garantire l’approvvigionamento di alimenti a prezzo agevolato, il
Governo ha dovuto acquistare dall’estero il 57,9% di tutti i prodotti
necessari.


Così si è passati da un modello di importazione alimentaria
che, negli anni novanta, costava per singola persona 75 dollari
all’anno, ai 267 dollari dell’epoca attuale. Il problema però non
risiede solamente nell’accresciuta dipendenza dall’estero per le
derrate alimentari, ma anche nell’inflazione del settore, giunta nel
2008 al 46,7% e nel 2009 arrivata sopra il 36%. Questa escalation dei
prezzi non viene compensata in alcun modo dai limitati aumenti al
minimo salariale e nemmeno dalla distribuzione di alimenti a prezzo
popolare attuati attraverso il progetto MERCAL, progetto tra l’altro,
già adesso in schietta agonia a causa della corruzione e della mancanza
di forniture.


Come conseguenza diretta di una strategia governativa che
si è appoggiata sulla capacità di acquisto dello Stato e non sullo
sviluppo della produzione, (senza differenziarsi va riconosciuto, da
quella che è diventata ormai la regola storica del
rentismo/assistenzialismo frutto delle entrate petrolifere), la recente
svalutazione colpirà in maniera dura e diretta il nostro consumo
alimentare. In Venezuela si lotta perché non siano i gradini più bassi
della società quelli che pagano il costo degli errori, la mancanza di
lungimiranza e la corruzione del potere.


II. – Da quando questo Governo è salito al potere, nonostante il fatto
di poter contare su introiti nazionali maggiori che in qualsiasi altro
periodo della storia nazionale, la situazione di povertà ed esclusione
che persiste per ampi settori della società venezuelana ha aggravato la
violenza urbana. Se nel 1998 abbiamo avuto una stima nazionale di 4.550
omicidi, il saldo per l’anno 2008 è stato di 14.568 morti. Se il
fenomeno viene visto da un’altra prospettiva si può affermare che la
popolazione venezuelana è cresciuta in questo decennio del 19,1%,
mentre il tasso di omicidi è salito al 320,1%.


È noto che mentre sia la boliborghesia (la nuova burocrazia creatasi
con l’avvento di Chavez, lett. borghesia bolivariana), sia le vacche
grasse del governo e del PSUV, il partito socialista unito venezuelano,
si appoggiano, per essere protetti, a numerosi guardaspalle (pagati con
contributi pubblici), tutti gli altri cittadini siano costretti a
rinchiudersi nelle loro case per evitare di essere vittime dei
delinquenti o ancora peggio della stessa polizia. Su questo ultimo
aspetto esistono delle cifre davvero tenebrose: nel 2008 ci sono stati
205 omicidi attribuibili a evidenti violazioni del diritto alla vita da
parte dei corpi repressivi dello Stato (in 2/3 dei casi si tratta di
vere e proprie esecuzioni), mentre sotto la sospettosa etichetta di
“resistenza all’autorità” si sono contate 1.820 morti.
In questo contesto di violenza incontrollata, ogni giorno vanno a lutto
sempre più famiglie venezuelane. Questa situazione però, non disturba
per nulla il governo che, mentre concentra i suoi sforzi nella
perpetuazione al potere e nel convincere dell’infallibilità del “Mio
Presidente-Comandante”, attribuisce impudicamente questo clima a
“sensazioni di insicurezza creata dai mezzi di comunicazione
dell’opposizione.”.


III. – Nonostante chi ha governato il Venezuela negli ultimi 11 anni
abbia avanzato tanti soldi e altrettanta parlantina di amore per il
proprio popolo, il fallimento nel risolvere il principale problema
sociale, quello del diritto alla casa, è stato fuori dal comune. Nel
lasso di tempo che corre dal 1999 al 2008 si sono costruite in totale
300.939 nuove abitazioni (comprendendo pubblico e privato), cifra
assolutamente insufficiente, dal momento che lo stesso Stato stima un
attuale deficit abitativo che si attesta attorno ai 3 milioni di unità.


Sarebbe necessario costruire 300 mila abitazione ogni anno per
colmarlo. Bisogna sottolineare però che i capi della “bella
rivoluzione” sono stati diligenti nel risolvere le proprie esigenze
abitative personali e a provarlo ci sono le “ town house” e le “pent
house” di quelli che sfruttano in urbanizzazioni di lusso le città
venezuelane. Con un esempio simile anche nelle alture delle città, non
deve sorprendere la gran cifra di denunce di corruzione e incapacità
fra la media e piccola borghesia che invece dovrebbe risolvere le
domande della collettività per un tetto degno e di proprietà dove
vivere.


Questa situazione ha generato una crescente flusso di
malcontento popolare: fra l’ottobre del 2007 e il settembre del 2008 ci
sono state 457 manifestazioni indette su questa tematica, cifra che è
passata a 588 proteste collettive da ottobre del 2008 al settembre del
2009. La risposta del supposto “Governo popolare e rivoluzionario” è
stata la criminalizzazione di queste azioni, fino all’incarcerazione o
alle misure giudiziarie (58 detenuti nell’ultimo periodo dei quali 23
sono stati obbligati alla presentazione in tribunale) o ancor più grave
alla repressione armata (67 feriti e un assassinato per mano dei corpi
repressivi).


IV. – Il carosello di nuovi capetti, carichi di nuovi abbondanti
investimenti e annunci di programmi magniloquenti, sfila ripetutamente
di fronte ai nostri occhi, nonostante la situazione della sanità
pubblica permanga in un palese stallo, se sottoposta a qualsiasi
analisi mediamente completa, e nonostante l’impegno degli enti pubblici
nel negare informazioni che sarebbero invece obbligati a divulgare, o
nel pretendere di screditare chiunque esca dalla propaganda contenuti
nei libretti officiali. La realtà è dura, per darne un esempio, si
pensi che il Governo per mezzo del ministro Ministro T. El Aissami, il
16.12.08 ha minacciato di “prendere a calci in quanto faziosi e
bugiardi” i realizzatori di un reportage che documentava la crisi
profonda sofferta dalla tanto pubblicizzata Mision Barrio Adentro, per
poi dover riconoscere, nel 20.09.09 per bocca del Presidente, che 2.000
moduli di questo programma (su un totale di 3478) mancavano
effettivamente di personale medico.


Questo senza azzardarsi a
menzionare altre gravissime situazioni, come la denuncia del fatto che
solo il 4% di quanto investito nell’equipaggiamento delle missioni, è
provvisto di un supporto adeguato di fatturazioni. Le soluzioni
promesse per risolvere la situazione attuale sono poi di questa risma
se non ancora più allarmanti. Per esempio il delegare il monopolio
della contrattazione delle assicurazioni HCM, per più di 2 milioni di
lavoratori pubblici, ad un’impresa il cui capo è il tristemente celebre
Orlando Castro. Davanti ad annunci di questo tipo l’unica opzione è
chiara: ”O si protesta o ci si abbassa!”


V. – Se qualcosa lascia a nudo la farsa di 11 anni di proclamata
rivoluzione è il flusso di problemi che affliggono la classe
lavoratrice. Si confondono le cifre o si applicano meccanismi
irregolari di contrattazione temporale (ad esempio, attraverso le
Missioni, nelle cooperative o nelle “imprese socialiste”) e mentre gli
analisti economici più influenti indicavano che sul finire del 2009 il
tasso di disoccupazione reale si aggirava attorno al 12% della
popolazione economicamente attiva, le cifre ufficiali ne riconoscevano
solamente l’8%. Fra quelli che lavorano, il 44,9% lo fa nel settore
informale dell’economia, il nero, con tutti gli svantaggi che ne
conseguono. Si aggiunga che a partire dal 2009, l’entrate dello
stipendio cominciarono a risultare insufficienti per soddisfare le
necessità di consumo, anche nell’essenziale (il cosiddetto paniere
base) e questo poteva essere riconosciuto tanto nelle statistiche
ufficiali quanto nella vita quotidiana.


La caduta si è fatta ancora più
acuta nel gennaio del 2010 con la macro svalutazione che ha anche avuto
il ruolo di concludere la favola dei lavoratori del Venezuela con i
salari più alti di tutta l’America Latina. Come non mai sotto il
mandato di questo governo, questi e molti altri problemi hanno portato
alla moltiplicazione delle espressioni di malcontento dei lavoratori.
Fra l’ottobre del 2008 e il settembre del 2009 si sono registrate 983
azioni di protesta operaia, le quali, circa l’80%, sono state attuate
da lavoratori del servizio pubblico. La risposta ufficiale è stata la
calunnia e la criminalizzazione, arrivando sino alla repressione
violenta contro 43 manifestazioni, con il risultato di più di un
centinaio di feriti e l’assassinio di due manifestanti nel gennaio del
2009 nello stato Anzoátegui e senza dimenticare i 33 lavoratori e
sindacalisti vittime di misure giudiziarie solo per aver partecipato a
queste proteste.


VI. – Secondo l’Osservatorio Venezuelano delle Prigioni, la violenza
dentro le carceri del paese è arrivata a 366 morti e 635 feriti
nell’anno 2009, dati che, dopo 11 anni di gestione di questo governo,
si sommano a 4030 morti e 12036 feriti, nella maggioranza per colpa di
armi da fuoco. Queste cifre rendono chiaro perché le prigioni della
rivoluzione bolivariana si sono guadagnate il triste merito di esser
considerate fra le più sanguinarie del mondo. Questa brutalità omicida
è possibile all’interno delle carceri grazie alle organizzazioni di
trafficanti di armi, e di altre “mercanzie”, integrate da agenti della
Guardia Nacional Bolivariana ed ora dalla cosiddetta Direzione
Nazionale dei Servizi Penitenziari del Ministro del Potere Popolare per
le Relazioni interiori e della Giustizia.


Questo sporco business è
diventato florido contando sull’indifferenza, l’incapacità e la
complicità dei 17 Direttori dei Servizi che si sono alternati agli
incarichi dal 1999. Come esempio dell’infamia di questi burocrati,
risulta l’attuale occupante della Direzione, la quale, nel gennaio
2010, di fronte al massacro della Planta di Caracas, prigione dove
morirono 10 detenuti e 19 furono feriti, con cinica mancanza di
vergogna ha attribuito la causa di questi avvenimenti al fatto che
nelle carceri come nelle famiglie, esistono problemi fra i membri,
spiegando i litigi come un semplice riflesso della vita familiare e
concludendo accusando i parenti e i visitatori dei detenuti di essere i
responsabili dell’introduzione di armi. Nel caso interessasse, questa
funzionaria con un master in criminologia, i capelli tinti e il
Blackberry al seguito si chiama Consuelo Cerrada.

EL LIBERTARIO
ellibertario@nodo50.org
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