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DOPO 50 ANNI LA FERITA E’ ANCORA APERTA IL SISTEMA E’ SEMPRE QUELLO

Se la controinformazione militante ha subito individuato la matrice della strage, i processi conclusi a suo tempo nell’evidenziare una chiara responsabilità del gruppo nazifascista di Ordine Nuovo in combutta con pezzi dello Stato, servizi segreti italiani e statunitensi nell’esecuzione degli attentati di Milano e Roma, non hanno dato un nome ai mandanti politici del massacro. Chi è stato più a lungo in galera, fino a tre anni, sono quelli che quegli attentati non hanno fatto: gli anarchici Pietro Valpreda, Roberto Gargamelli, Roberto Mander, Emilio Bagnoli, Emilio Borghese.

Parimenti l’inchiesta del giudice D’Ambrosio sulla morte di Pinelli, conclusa nel 1975, si è dovuta inventare una forma di ‘malore’ che avrebbe dovuto colpire improvvisamente il nostro compagno e spingerlo direttamente e autonomamente fuori dalla finestra di quel quarto piano della questura di Milano superando una ringhiera di 97 cm., lui che era alto 1 metro e 67 cm.; e tutto questo per evitare di accusare i poliziotti e i responsabili dei servizi presenti in quella stanza di omicidio e per escludere la volontà suicida di Pino. Insomma una conclusione degna di quel clima da compromesso storico tra democristiani e comunisti, tra Moro e Berlinguer, che incombeva sul paese e che una diversa conclusione dell’inchiesta avrebbe potuto ostacolare: insomma Pinelli non doveva disturbare la politica delle mitiche riforme.

Scaricare e isolare gli anarchici è stata la risposta immediata della sinistra parlamentare all’indomani della strage, consegnandoli alla canea reazionaria, agli insulti della stampa, alla repressione dando di fatto mano libera alle operazioni di polizia. Oggi si denuncia il fatto che Pinelli era sottoposto ad un fermo illegale, ma allora questa illegalità era prassi normale per quanti lottavano.

Era dal 25 aprile 1969 che la campagna antianarchica era in atto, con perquisizioni, veline di polizia contrabbandate per articoli di giornale, detenzione di compagne e compagni poi risultati estranei ai fatti, ma alla sinistra parlamentare premeva di più tenere sotto controllo i movimenti di lotta che la difesa del tanto celebrato Stato di diritto.

Cinquant’anni dopo è facile raccontare di quelle bombe e di quei morti evidenziando gli abusi compiuti, le falsità raccontate, le montature e i depistaggi di Stato. Quello che però si evita di fare è di denunciare il clima imperante e la responsabilità politiche di chi allora ha avallato la provocazione in atto.

Perché di questo si è trattato: di un’infame provocazione che, sulla pelle degli anarchici, voleva instaurare un regime autoritario per bloccare la continua crescita in fase di radicalizzazione dei movimenti di lotta operaio e studentesco e continuare a garantire l’appartenenza dell’Italia alla NATO. Se di ‘anni di piombo’ si deve parlare il piombo è quello della repressione e delle stragi, quello che ha consolidato la ‘strategia della tensione’ e ha dato il via ad una guerra civile strisciante, sapendo di poterla vincere grazie alla propria potenza di fuoco.

Dopo cinquant’anni, la vicenda di Pino è talmente chiara che due presidenti della repubblica si sono sentiti in dovere di tacitare la propria coscienza rendendogli omaggio così come il sindaco Sala ha chiesto perdono alla famiglia Pinelli: si vuole ridare vigore ad una democrazia esangue, sotto schiaffo delle destre, tacitando nel contempo la critica radicale.

Noi però non dimentichiamo ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali. Un sistema che non esita a ricorrere a tutte le armi per affermare l’ordine gerarchico e di classe.

Oggi come allora:

LA STRAGE E’ DI STATO, VALPREDA E’ INNOCENTE, PINELLI E’ STATO ASSASSINATO

FEDERAZIONE ANARCHICA – MILANO

viale Monza 255

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