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Venerdì 14 dicembre, “43 ANNI DOPO …”

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13 Dicembre 2012 dibattito su “Stragi e Crisi come strategie per il rafforzamento del dominio”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 43mo anniversario della strage di Piazza Fontana

Giovedì 13 Dicembre 2012

all’Ateneo Libertario

Viale Monza 255, Milano (MM1 Precotto)

ore 19,00 aperitivo e inaugurazione della sezione manifesti dell’Archivio

ore 20,00 incontro e dibattito: Stragi e Crisi come strategia di rafforzamento del dominio

con Cosimo Scarinzi della CUB Scuola – Torino e

Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’Università di Palermo.

 

 

 

 

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22-23 Settembre 2012 – Giornata internazionale di solidarietà con i prigionieri politici in Bielorussia

Appello dell’Internazionale delle Federazioni Anarchiche

L’IFA fa appello alla solidarietà verso i detenuti politici in Bielorussia, fra i quali i nostri compagni anarchici. E’ passato molto tempo dall’ultimo appello alla solidarietà verso gli anarchici bielorussi. Oggi occorre con urgenza una nuova ondata di solidarietà, per far sì che escano dalle carceri. Per questo invitiamo a partecipare alla mobilitazione in solidarietà con i detenuti politici bielorussi il 22 e 23 di settembre 2012 (giorno delle elezioni parlamentari).

Gli attivisti Ihar Alinevich, Mikalai Dziadok, Artsiom Prakapenka, Pavel Syramolatau, Aliaksandr Frantskievich, Jauhen Vas’kovich imprigionati nell’autunno 2010 e inverno 2011 e poi condannati a pene da 3 a 8 anni di carcere nel maggio 2011 per una serie di attacchi ai simboli dello stato e del capitale, sono alla fine del loro secondo anno di prigione. Durante questo periodo i loro compagni e parenti hanno fatto del loro meglio per aiutarli ad avere migliori condizioni di detenzione e liberarli. Nell’ottobre 2011 sono stati riconosciuti come prigionieri politici da parte di organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Questo fatto ha dato loro migliori possibilità di essere liberati al più presto, perché in questo momento il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko è sottoposto a pressioni da parte dell’Unione Europea per depenalizzare i reati politici e liberare i prigionieri a causa di tali reati. Dall’agosto 2011 ha anche amnistiato più di 30 di questi ma nessuno dei nostri compagni è stato liberato. Lukashenko ha detto pubblicamente che amnistierà soltanto coloro che avanzeranno una richiesta di grazia ammettendo la propria colpa e chiedendogli personalmente perdono e che tutti gli altri resteranno in prigione. Infatti a tutti i prigionieri anarchici è stato proposto diverse volte di firmare questa domanda. 5 di loro hanno rifiutato. Artsiom Prakapenka ha firmato dietro pressione ma è tuttora in carcere. Oggi in Bielorussia ci sono ancora 15 prigionieri politici fra i quali 5 nostri compagni e in più un altro incarcerato per un’azione di solidarietà con loro.

Tutti i prigionieri politici sono sottoposti a diverse forme di pressione da parte delle amministrazioni delle prigioni dove sono rinchiusi, perché Lukashenko vuole uscire da questa situazione come vincitore e far sembrare che non sia stata l’Unione Europea a forzarlo a liberare i prigionieri politici per paura di sanzioni politiche ed economiche. I casi di pressione sui prigionieri comprendono: trasferimenti in altri stabilimenti penali, privazione di aiuti alimentari dall’esterno, privazione e diminuzione di visite dei parenti, negazione di telefonate, ritardi nella consegna delle lettere, isolamento, trasferimenti in reparti carcerari a regime speciale, ecc.

Le Federazioni Anarchiche riunite al Congresso IFA si oppongono fermamente al fatto che i nostri compagni siano scambiati per benefici dall’Unione Europea e condannano le pressioni alle quali sono sottoposti. Facciamo appello alla protesta di tutti il 22 e 23 settembre contro queste torture e chiediamo l’immediata liberazione dei prigionieri politici bielorussi compresi gli anarchici.

www.i-f-a.org

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Arresti a Trento‭. Teoremi e manette

Arresti a Trento

Teoremi e manette

L’operazione “Ixoditae”, (“zecche”) frutto di un immaginario poliziesco di chiara impronta fascista, è solo l’ultima di una lunga serie di attacchi della magistratura contro l’opposizione politica e sociale.

Gli anarchici – più di chiunque – finiscono nel mirino, perché la critica radicale allo Stato e al capitalismo si sostanzia nella capacità di lotta, nella costruzione di percorsi di autogestione e di autonomia dall’istituito nella consapevolezza che un percorso rivoluzionario è necessario perché la ferocia dello sfruttamento e della gerarchia vengano spezzate.

Oggi più che nel recente passato la magistratura si è assunta il compito di farla pagare a quanti, in uno scontro sociale che non potrà che farsi più duro, propongono una diversa organizzazione sociale, senza sfruttamento, senza proprietà privata senza istituzioni statuali.

L’utilizzo di reati associativi, o di reati che presuppongono una responsabilità collettiva al di là delle responsabilità individuali, sono stati in questi anni l’arma di guerra usata dalla magistratura per privare della libertà chi si oppone all’ordine costituito.

Intendiamoci. Non ci stupisce che i giudici perseguano chi viola le regole imposte dallo Stato, chi non ne accetta l’autorità e vuole un assetto sociale senza stato.

La democrazia, che vanta la propria capacità e volontà di accettare il dissenso, mostra la propria attitudine intrinsecamente disciplinare nei confronti di chi vuole cambiare le regole di un gioco truccato sin dalla sua costituzione formale. Una costituzione che – a parole – sancisce l’uguaglianza formale tra diseguali. Continued…

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Vendetta è fatta

La Cassazione ha confermato – con qualche piccolo sconto – le durissime condanne emesse in appello nei confronti di 10 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova 2001.
I poliziotti responsabili di botte e torture, pur condannati, sono liberi: per cinque compagni e compagne si aprono le porte del carcere.
Sono trascorsi 11 anni da quel luglio.

La magistratura conferma la propria funzione disciplinare nei confronti delle lotte politiche e sociali. La trasformazione di qualche danneggiamento in un reato che costa dagli otto ai 15 anni di reclusione è un’operazione di alchimia giudiziaria che, al di là delle vite concrete che sta macinando, deve rappresentare un monito forte per tutti coloro che lottano contro l’ordine politico e sociale nel quale siamo tutti forzati a vivere.
In questi stessi giorni si stanno moltiplicando azioni repressive che mettono in scena una vera torsione delle norme vigenti per poter meglio imbrigliare i movimenti di opposizione.
Uno dei cardini di tante azioni giudiziarie è l’introduzione della responsabilità collettiva. Il principio per cui basta trovarsi in un certo posto per essere giudicati colpevoli di reati gravissimi.
“Devastazione e saccheggio”, un reato da tempi di guerra, applicato per disastri epocali come quello del Vajont, è stato usato a Genova per condannare 10 compagni e dare un avvertimento a tutti coloro che oggi come allora si battono contro le politiche di devastazione e predazione del territorio, contro le guerre, il militarismo, la proprietà privata, il razzismo, lo sfruttamento.
In questi stessi giorni il principio della responsabilità collettiva viene usato nei processi a No Tav, antirazzisti, antimilitaristi.
Oggi capita di essere accusati di furto aggravato per aver strappato un manifesto fascista, di veder moltiplicare inchieste per reati associativi del tutto implausibili, ma utili per arrestare e tenere in carcere preventivo decine di oppositori politici.
Tante onde si sono infrante nel porto di Genova. Il movimento che venne represso nel sangue di quelle giornate di luglio, oggi viene condannato con una sentenza che ne colpisce dieci ma investe decine di migliaia di persone, che scesero in piazza contro la ferocia del capitalismo e degli stati.
Chi ha vissuto quei giorni sa che la democrazia non fu tradita, ma si tradì.
Chi è stato a Genova sa chi siano i devastatori e saccheggiatori.
Vogliamo liberi i compagni e le compagne condannati da uno Stato che uccide, bombarda, tortura e seppellisce con anni di galera chi non si piega al suo ordine.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana

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Prosegue a Luglio il Caffé Malatesta

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Della lotta armata e di alcuni imbecilli

Nel nostro paese la situazione politica e sociale mostra chiari segni di un’involuzione autoritaria su scala globale. Il dispiegarsi di politiche disciplinari in risposta alle questioni sociali è segno che il tempo dei compromessi, delle socialdemocrazie sta tramontando. Potremmo dover fare i conti con il rischio che si impongano regimi decisamente autoritari. La criminalizzazione dei movimenti sociali e degli anarchici, prepara il terreno e nuovi dispositivi repressivi: nuove leggi, nuovi procedimenti penali, una sempre più forte torsione delle normative vigenti, un sempre maggior controllo militare del territorio.

L’immediata gestione mediatica del mostruoso attentato di Brindisi la dice lunga su quali sono le intenzioni dell’oligarchia al potere. Un atto vile, di terrorismo indiscriminato, contro delle giovani donne, antisociale e criminale, viene tranquillamente assimilato ad episodi di lotta armata, magari con origini greche o con contorno mafioso, con l’obiettivo palese della realizzazione dell’unità di tutti gli schieramenti in difesa dello Stato, un’unità che abbiamo visto all’opera negli anni della solidarietà nazionale, delle leggi speciali, dell’arretramento sociale e culturale del paese.

Anche il ferimento dell’AD di Ansaldo nucleare e la rivendicazione inviata al Corsera dal nucleo “Olga” della FAInformale dimostrano come azione e comunicazione si intreccino e si confondano in un gioco di specchi infinito e deformante. Occorre osservare con attenzione per coglierne l’intima trama.
I media, gli stessi che minimizzano da sempre la ferocia della guerra che l’esercito italiano combatte in Afganistan, hanno sparato a zero contro il movimento anarchico, quel movimento che non si sottrae alle lotte sociali, che è in prima fila nei movimenti per la difesa ambientale, contro la guerra e il militarismo, contro le leggi razziste e le politiche securitarie nel nostro paese.
Giornali, radio e televisioni, che nell’immediato non avevano alzato i toni, si scatenano dopo la rivendicazione.

Nelle crisi sono sempre ricercati dei capri espiatori, su cui indirizzare l’attenzione della cosiddetta pubblica opinione. Come sono riusciti negli anni ’80 a svuotare di segno e di contenuto la ricchezza dei movimenti del decennio precedente, rovesciandogli addosso, a tutti ed indistintamente, la responsabilità del lottarmatismo, facendo di ogni erba un fascio, comminando carcere a pioggia, provocando divisioni e contrapposizioni, così oggi c’è chi intende rispolverare i vecchi arnesi della criminalizzazione preventiva.
D’altronde la situazione per governi e padroni non è facile: devono far digerire misure sempre più indigeste e in loro cresce la paura di una ribellione sociale. Continued…

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Apre a Milano “al Caffè Malatesta”

 

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