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Spese militari contro spese sociali. I numeri dicono tanto

Nel panorama delle valutazioni ed iniziative, ci pare opportuno focalizzare un aspetto, non sempre in evidenza, cioè mettere in relazione il costo della spesa militare con quella sociale. Riteniamo che una campagna antimilitarista non possa e non debba prescindere dal sottolineare di come le risorse pubbliche, negli ultimi anni, abbiamo scavato un solco sempre più profondo tra l’aumento della spesa militare e la progressiva contrazione della qualità della vita, dalla salvaguardia della salute, alla pubblica all’istruzione, al mondo del lavoro: focalizzare l’attenzione su questi temi ci pare uno strumento efficace per contribuire a formare una coscienza antimilitarista.

Secondo le stime del SIPRI di Stoccolma (Istituto di studi sulla pace tra i più importanti al mondo) la spesa militare nazionale nel 2021 sarà pari a 24,9 miliardi di Euro con una crescita del 8,1% sul 2020 e del 15,7% sul 2019. L’Italia si riconferma nei primi posti della classifica europea delle spese militari ed occupa l’undicesima posizione mondiale.

L’attuale esecutivo ha mostrato chiaramente le sue intenzioni nel proseguire gli investimenti nel settore militare. In attesa dei fondi del Recovery Fund i ministeri della Difesa e dello Sviluppo Economico hanno presentato, nello scorso settembre, diversi progetti per un ammontare complessivo di 30 miliardi di Euro, da destinarsi soprattutto ai comparti dello spazio, dell’intelligenza artificiale e della cibernetica. Lo strumento finanziario per l’impiego delle risorse sono i fondi pluriennali per l’investimento e lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia: strumenti di finanziamento di medio periodo introdotti a partire dal 2016 (e quindi voluti da diversi governi) e che si svilupperanno sino al 2034.

Dell’ammontare complessivo di questi fondi, 144 miliardi, circa 36,7 miliardi saranno utilizzati per l’acquisizione di sistemi d’arma. Il nucleo dei nuovi programmi risiede nell’applicazione militare del 5G e nel caccia di sesta generazione, il Tempest. Se andiamo ad esaminare la qualità degli armamenti è indicativa di come si sta passando da un impiego delle forze amate a carattere “difensivo” a quello “offensivo”. Nel documento programmatico pluriennale 2021-2023 vi è un investimento di 128 milioni di Euro per la dotazione di droni Reaper, il che significa che il sistema d’arma fa un passaggio fondamentale, da mezzo di sorveglianza e monitoraggio del territorio a strumento tipicamente di offesa. La marina militare si sta adeguando anch’essa alla nuova linea strategica avendo in progetto l’acquisto di missili Cruise per sottomarini e le fregate Fremm.

A fronte di una linea retta tendente al rialzo per le spese militari il panorama complessivo del “sociale” segna invece un andamento contrapposto. Cominciando dalla sanità, dove negli ultimi anni si è assistito ad un ridimensionato sia nelle strutture sia nel personale. L’Italia è sottodimensionata rispetto agli altri paesi europei: i posti letto sono da anni in costante calo ed il divario rispetto alla media europea è significativo. La disponibilità dei posti letto, circa 192.000, è pari 31,8 ogni 10mila abitanti, contro il dato europeo di 50. Il ritardo, rispetto ai paesi UE, è palese nel personale sanitario diminuito del 4,9% negli ultimi otto anni. Il mancato turn over ha inciso e di molto nell’invecchiamento degli addetti sanitari. Infatti il 60,4% dei medici ha più di 55 anni mentre quattro su dieci superano i 60 anni; tra gli infermieri uno su quattro è sopra i 55 e l’età media è pari a 48anni. Significativa e penalizzante è la mancanza di personale infermieristico dove l’Italia con 58 addetti ogni 10mila abitanti (circa la metà di quelli di Germania e Francia) occupa il 16° posto nella graduatoria europea. La contrazione degli investimenti nel settore sanitario, da 2,4 miliardi del 2013 ai 1,4 miliardi del 2018, hanno causato non solo minori servizi alle persone ma anche un impoverimento della strumentazione ed una obsolescenza delle apparecchiature mediche.

Anche per l’istruzione i dati evidenziano un deficit nazionale rispetto al resto d’Europa. Nel 2018 (ultimo dato ISTAT disponibile) la spesa dell’istruzione sul PIL è del 3,3%, collocando l’Italia al terzultimo posto nella classifica europea sopravanzando solo Grecia ed Irlanda. Il dato nazionale riferito alla quota dei giovani che abbandonano gli studi precocemente è del 13% (543mila in termini assoluti), livello decisamente più elevato rispetto alla media UE (9,9%). In Italia solo il 20,1% possiede una laurea ed il 62,9% un diploma, contro i rispettivi valori UE del 32,8 e 79% europeo.

Le spese sociali evidenziano un generale calo e le prestazioni sociali in rapporto al PIL sono in discesa. Nel 2013 la loro percentuale era pari al 19,6 mentre nel 2018 (ultimo dato disponibile) scende di quasi un punto. La spesa sociale destinata a minori e famiglie con figli è inferiore alla media europea. Il valore procapite del 2018 è di 311 euro contro i 616 euro in media del resto dei paesi UE. Anche i dati riferiti alla spese sociale per i disabili sono sotto la soglia UE: l’Italia destina procapite 409 euro rispetto ai 528 euro dell’UE.

Il panorama del mondo del lavoro è alquanto deprimente. Il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 ed i 64 anni è del 59% contro il 69,2% europeo, mentre il tasso di disoccupazione giovanile nella fascia d’età tra i 15-24 anni è decisamente più alto, 29,4%, rispetto all’’indice UE che si attesta sul 16,8%. La disoccupazione tra i giovani laureati (17,9%) e diplomati (27,7%) è il doppio dei rispettivi valori medi europei. Il dato dei giovani, nella fascia tra i 15-29 anni, che risultano non occupati, non studenti, non in formazione è pari al 23,3%; dato quasi doppio rispetto alla media d’Europa.

Le condizioni salariali registrano record negativi. Aumentano i lavoratori con bassa paga oraria inferiore a 2/3 di quella media pari a 12,8 Euro. In italia i salari rispetto al 1990, sono diminuiti del 2,9%. Nel 1990 l’Italia occupava il settimo posto nella classifica delle retribuzioni mentre ora si colloca al tredicesimo. Rimane alta la fascia del precariato, infatti la percentuale dei contratti a tempo determinato trasformati in contratti a tempo indeterminato è quasi la metà (14,4%) rispetto alla media UE (25,6%). L’insieme di questi indicatori non può che essere sintetizzato in un dato come quello della povertà. In base alle stime ISTAT nel 2020 le famiglie in povertà assoluta (per povertà assoluta si intende chi è sotto la soglia di 761 euro mensili per capacità di spesa) sono oltre 2 milioni ed i minori assommano a 1.337.000. Le famiglie totalmente indigenti sono 335mila in più (+7,7%) rispetto al 2019. Il numero complessivo degli individui che fanno parte di questi nuclei famigliari sono circa 5,6 milioni, il 9,4% della popolazione italiana. Le famiglie straniere con minori che vivono in condizione di indigenza risultano essere 4 su 10 ed i senza fissa dimora sono compresi tra le 49mila e le 52mila unità. Anche i dati sui minori a rischio povertà (24,55) pongono l’Italia sotto la media UE (18,5%).

In conclusione, i numeri sopra esposti evidenziano due andamenti contrapposti: l’aumento delle risorse per la guerra e il calo di quelle destinate alla garanzia del sociale. Se prendiamo come riferimento quanto viene speso al giorno per il sistema militare, 70 milioni di euro, con tale somma potremmo garantire 100.000 ricoveri in strutture ospedaliere, 46.666 terapie intensive, 45.190 interventi sulla retina,1.118 trapianti di cuore, 47.000 radioterapie, 30.880 cure per il disturbo della personalità. Un solo giorno di spesa militare corrispondono al costo di 7 nuovi edifici scolastici di scuola media inferiore, alla spesa media annuale per l’istruzione di 10.000 studenti della scuola pubblica, di 6.363 studenti liceali, allo stipendio annuale di 2.500 insegnanti ed al costo complessivo di 482 studenti che completano, dalla materna alla laurea, l’intero ciclo scolastico. I numeri talvolta dicono molto di più delle parole: compito nostro dare voce al numero per costruire una coscienza antimilitarista.

Daniele Ratti

Posted in Antimilitarismo, da Umanità Nova.


4 Novembre antimilitarista

Posted in Antimilitarismo, Ateneo Libertario.


Due righe su omobitransfobia e istituzioni

Oggi il Senato, grazie alla ‘tagliola’ chiesta da Lega e Fratelli d’Italia, ha bocciato il ddl Zan, disegno di legge pensato per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.
Ora, in quanto donne e/o persone non eterosessuali inserite nel movimento anarchico, non ci siamo mai mobilitat* per chiedere protezione alle stesse autorità che per due millenni ci hanno torturato, ucciso e invisibilizzato. Non scendiamo in piazza per mangiare le briciole che ci lascia il governo dell’etero-cis-patriarcato. E soprattutto, rivendicando un approccio intersezionale, non troviamo protezione in una legge che di fatto legittima la prigione, l’istituzione machista, sessista e omobitransfobica per eccellenza.
Tuttavia, dobbiamo prendere atto che non sono certo riflessioni libertarie e antiautoritarie come queste ad aver portato alla distruzione di un ddl che è stato descritto dal Vaticano come “la legge del diavolo”.
La bocciatura del ddl Zan è celebrata come una vittoria da parte di quella destra fasciocattolica che vede minacciate le fondamenta etero-cis-patriarcali del suo Stato-Nazione e che brinda sulla pelle dei nostri corpi pestati a sangue nelle strade.
Per i partiti e partitini della cosiddetta sinistra di governo, invece, è l’evidente dimostrazione di un’incapacità di prendere una posizione netta in merito al riconoscimento dei diritti più basilari.
Sia chiaro, nessun vittimismo da parte nostra. O meglio, riconosciamo di essere espost* ad una violenza sistemica, ma rigettiamo l’immaginario machista che ci descrive come persone deboli e incapaci di difendersi.
Dalla nostra storia dobbiamo imparare.
Parliamoci, autorganizziamoci, costruiamo reti transfemministe e queer dal basso, diamo vita a spazi sicuri per noi, e pericolosi per chi si sente in diritto di toccare i corpi delle donne e delle persone queer.
PER L’AUTOGESTIONE DEL CORPO, DELLA SESSUALITÀ E DELLE RELAZIONI.
CONTRO GOVERNI E SACRA FAMIGLIA.
Soggettività queer e femministe della Federazione Anarchica – Milano

Posted in Comunicati, Contro l'eteropatriarcato.


Presentazione del libro “La casa vivente”

Posted in Ateneo Libertario.


Presentazione EMMA rivista n. 02

Posted in Ateneo Libertario.


Per una campagna antimilitarista di lungo respiro

L’assemblea antimilitarista riunita il 9 ottobre a Milano ha visto una buona partecipazione di decine di compagni e compagne da diverse località. Numerosi interventi hanno analizzato le varie sfaccettature del militarismo nostrano e non solo. Da tutt* è uscita la volontà di avviare una campagna antimilitarista di ampio respiro e che sappia unire momenti a carattere nazionale e interventi capillari sui territori.
È stata espressa soddisfazione per l’assunzione da parte del sindacalismo di base della tematica antimilitarista all’interno della piattaforma dello sciopero del 11 ottobre, frutto anche delle prese di posizione in questo senso promosse da diverse delle realtà presenti oggi.
Come punti qualificanti della campagna si individuano:
– lotta per il completo ritiro delle missioni militari all’estero;
– boicottaggio attivo dell’Industria bellica per arrivare alla sua completa riconversione a uso civile;
– mobilitazione contro tutte le forme di militarizzazione dei territori: dalle basi militari alla presenza dei militari nelle strade delle nostre città, dei poligoni fino alla blindatura dei confini e dei mari contro chi migra dal suo paese;
– denuncia delle spese militari quali risorse di tutt* sottratte ai servizi sociali come sanità, scuola, trasporti, ecc.
– lotta contro gli interessi delle multinazionali italiane, in primis l’ENI, che di fatto dettano al governo l’agenda delle missioni militari all’estero;
– lotta contro le devastazioni ambientali causate dagli eserciti e dalle multinazionali da essi protette, e per creare intersezioni fra i movimenti ecologisti dal basso e l’antimilitarismo;
– contrasto alla crescente propaganda militarista nelle scuole e ai sempre più forti legami fra l’industria militare e l’Università;
– denuncia dell’intima correlazione fra la violenza sessista e patriarcale e la logica militarista.
Su questi contenuti si decide di darsi i primi appuntamenti di mobilitazione:
– iniziative diffuse sui territori il 4 novembre, festa delle forze armate;
– corteo a Torino il 20 novembre contro la mostra mercato internazionale dell’industria aerospaziale bellica e azioni di contrasto durante la mostra stessa che si svolgerà fra il 30 novembre e il 2 dicembre. Mobilitazione che a partire dalla contestazione alla mostra sappia allargarsi a tutti i punti della campagna.
L’assemblea accoglie la proposta di costruire un percorso per una campagna nazionale contro l’ ENI che veda anche una manifestazione nazionale nei primi mesi del prossimo anno nel territorio milanese.
Ritiene significativo l’impegno per sottolineare il legame fra militarismo e sessismo in tutte le iniziative legate alla lotta contro la violenza di genere, comprese quelle che si svolgeranno nelle giornate di fine novembre.
La volontà è quella di rilanciare una nuova assemblea nazionale a inizio anno per continuare la mobilitazione.
Contro tutti gli eserciti, contro tutte le guerre, inceppiamo gli ingranaggi del militarismo!
Le compagne e i compagni dell’assemblea antimilitarista riunita a Milano il 9 ottobre 2021.

Posted in Antimilitarismo, Comunicati.


Aperitivo astensionista

Posted in Ateneo Libertario.


Sabato 3 Ottobre. Nazionalbolscevismo:piccola storia del Rossobrunismo in Europa

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