TRA ASTENSIONISMI VERI E FASULLI
Non so quanti di noi abbiano letto l’editoriale di Calenda e Romano, pubblicato sul sito di ItaliaFutura, la fondazione promossa da Luca Cordero di Montezemolo, il presidente della Fiat che, secondo il settimanale francese Le point, in un articolo intitolato ‘Il sogno Montezemolo’,“rappresenta il candidato ideale alla successione del premier Berlusconi”, basandosi sui risultati di un sondaggio tenutosi in ottobre.
Non che questo editoriale si caratterizzi per chissà quale qualità, ma mi pare interessante segnalarlo perché consente una riflessione su dei temi che ci stanno, da sempre, particolarmente a cuore: il sistema elettorale e l’astensionismo anarchico.
Cosa dicono infatti Calenda e Romano? Dopo una disanima della fase politica attuale si lanciano in una singolare definizione del tipo: l’astensionismo? “un impulso utile a un auspicabile rinnovamento del copione”.
In pratica la Fondazione del Montezemolo si chiede “se esercitare ancora una volta il diritto di voto senza alcuna convinzione, per riprendere il giorno dopo la quotidiana lamentazione sul sistema politico nel suo complesso, non rappresenti l’espressione di un qualunquismo ancora peggiore” del non andare a votare; e conclude “siamo noi che, pagando puntualmente il biglietto, consentiamo a questo brutto spettacolo di andare ancora una volta in scena”.
Insomma un chiaro invito a disertare le urne, per rendere chiaro ed evidente il disprezzo popolare nei confronti di una classe politica corrotta, inette e vergognosa, suscitare una reazione e provocare un ricambio della ‘casta’. L’astensionismo diventa, per costoro, un’arma funzionale ai meccanismi di rinnovamento della gerarchia sociale, approfittando tra l’altro del responso degli ultimi sondaggi che lo danno in forte crescita.
D’altronde è da tempo che la disaffezione alle urne è diventata parte integrante del gioco, quasi valvola di sfogo correttivo delle imperfezioni del sistema, e si può tranquillamente abbracciare la scelta astensionista senza, per questo, voler mettere in discussione la violenza della società classista e autoritaria. Il ricordo dell’invito ad “andare al mare” di craxiana memoria è ancora fresco, come pure i richiami ‘grillini’ del ‘mandiamoli a casa’, ma è forse la prima volta che, dal cuore del sistema, si invita all’astensione, politica e non referendaria, per scalzare la ‘casta’.
Evidentemente, per ItaliaFutura, diventare il partito dell’astensione può significare molto nel mercato delle vacche post elettorale; e che poi il loro vate sia il Montezemolo, uomo di punta della grande industria italiana, non può essere considerato di certo casuale.
Appare quindi chiaro che i conflitti all’interno del campo borghese si stanno acuendo e che l’incedere della crisi e della conflittualità internazionale, con il ridisegnarsi delle aree di influenza e di sudditanza, stanno costringendo settori importanti dei ‘poteri forti’ a prendere direttamente nelle proprie mani l’iniziativa, emarginando comprimari ormai ampiamente compromessi.
Le esigenze di controllo sociale che il sistema di sfruttamento e di oppressione impone per continuare a esistere non ammettono, soprattutto in questa fase ed in quella immediatamente successiva, distrazioni di sorta né tanto meno personalismi. La dittatura di classe, che continua a mascherarsi dietro le manipolazioni di un sistema falsamente rappresentativo ed i suoi strumenti di bombardamento mediatico di massa, ha bisogno di mani ferme e decise. E si ricorre anche all’astensione se questa pare servire, opportunisticamente, ai propri obiettivi.
Da parte nostra è più che noto il significato che attribuiamo da sempre all’astensione: una chiara dichiarazione d’intenti nei confronti della truffa elettorale per rompere con il meccanismo della delega – mascherato da partecipazione – che è accettazione e condivisione della propria oppressione. Noi siamo contro ogni sistema di governo, ogni gerarchia, qualunque sia il modo con il quale essa viene selezionata. L’organizzazione della comunità umana, il rispetto delle libertà individuali e collettive, il rispetto dei diritti naturali di ogni essere vivente, sono troppo importanti per essere delegati ad un pugno di individui, qualunque sia la loro qualità e la loro impostazione ideologica, comunque subordinata ad una visione di potere.
Il problema che ci si può porre oggi, consci che la propaganda astensionista non può essere indifferente ai tempi e ai modi della lotta politica e dello scontro sociale in corso, è come conferirle un’efficacia sempre maggiore.
La violenza dell’attacco del potere alle condizioni di vita delle classi subalterne non lascia molti margini ad una politica di moderato e ‘razionale’ riformismo di cui, per altro, non si riesce ad individuare gli esecutori e le opzioni possibili aprono la strada o a derive apertamente autoritarie o a auspicabili processi di rottura rivoluzionaria.
Dobbiamo quindi attrezzarci sempre più per i tempi che viviamo: non cadere nella trappola delle false alternative, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, autoctone o immigrate che siano, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione anarchica.
Astenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di associazioni federate nella libertà, nell’eguaglianza e nella giustizia sociale.
m.v.