Milano, via Padova, Tra repressione e ribellione
Oggi è trascorsa una settimana dall’assassinio di Abdel Aziz e dagli scontri che ne sono seguiti.
Il nostro quartiere, quello che ormai prende il nome da Via Padova, è ancora pieno di camionette della Polizia e dei Carabinieri che pattugliano la zona, anche se piano piano gli ordini di Maroni di abbassare i toni e di continuare a fare quello che stavano già facendo senza troppo rumore, hanno il loro effetto.
Una settimana tragica per la morte di un ragazzo che non doveva morire così, tragica anche per la rabbia cieca che successivamente è esplosa, soprattutto da parte di una cinquantina di ragazzi che si sono sfogati su tutto ed in particolare su alcuni negozi latini.
Una settimana in cui i giornalisti, veri sciacalli, hanno soffiato sul sentimento dell’odio, solo per strappare qualche intervista che comprovasse la loro infame tesi bugiarda, ‘in via Padova c’è conflitto e odio tra le comunità’.
Pensate che a poche ore dalla tragedia, la sera stessa, proprio di fronte al luogo dell’omicidio, questi avvoltoi si rivolgevano con le loro telecamere agli egiziani chiedendo cosa pensavano dei latini ubriaconi e rissaioli, e immediatamente dopo andavano dai ragazzi sud americani chiedendo loro cosa pensavano degli arabi e di ciò che avevano fatto contro di loro.
Via Padova ha dovuto sopportare l’arrivo dei politici che uno ad uno si sono precipitati, ansiosi di strappare consensi elettorali, e tutti accomunati da una sola richiesta: polizia, sempre più polizia.
All’inizio sembrava che non ci fosse lo spazio per una risposta diversa, molta gente si era riversata nelle strade, molti ragazzi immigrati del quartiere erano in stato di agitazione, ma regnava anche una grande incertezza.
Poi è arrivato lunedì 15 febbraio e il PDL, per la precisione gli ex di AN capitanati dal fascistissimo federale Romano La Russa fratello del più tristemente noto Ignazio, anticipa la Lega Nord e scende in piazza insieme ad una associazione di commercianti razzisti, chiedendo (a se stessi?) più polizia e rigore contro i clandestini.
Nelle prime ore del pomeriggio la voce girava nel quartiere: la destra voleva attraversare via Padova. E l’aumento consistente delle forze dell’ordine in ogni angolo della strada, già stracolma di camionette, avvertiva chiunque in quale clima si sarebbe svolto questo corteo. Solo così la destra poteva imporre la propria presenza politica nel quartiere.
Ma alcune volte accade l’imprevedibile. Un numero sempre più grosso di persone si riversano nella strada, persone di ogni dove, italiani, arabi, latini, asiatici. Alcuni sono solo curiosi, ma la maggior parte è rabbiosa per quel che stava per accadere.
E così, il quartiere reagisce alla manifestazione del PDL: all’angolo tra via dei Transiti con via Padova, nasce un blocco intorno ad un comizio di compagni, presidio che si ingrandisce sempre di più fino al punto da divenire un corteo spontaneo che sfila su Via Padova, impedendo all’altro corteo di sfilare fino al punto in cui il ragazzo è morto.
Ma nel luogo di concentramento dei razzisti, in Piazza Loreto, angolo via Padova, si radunano anche altri abitanti che sfidano ed insultano il loro corteo. I fascisti stizziti da tanta risposta si sono messi a lanciare le torce su cittadini e negozi rischiando di essere cacciati via a pedate nel sedere se non ci fosse stata la polizia a difenderli.
Intanto al termine del corteo spontaneo degli antirazzisti e degli immigrati di quartiere, viene decisa e lanciata la manifestazione di venerdì 19.
Questa mobilitazione, presentata dai giornali e dai mass-media come il corteo voluto dai ragazzi dei centri sociali, in realtà nasce in quartiere dall’incontro dei compagni del comitato antirazzista con alcuni ragazzi immigrati e si rilancia nelle proteste spontanee di lunedì 15.
È una mobilitazione che riscuote subito molti consensi, nelle strade durante i volantinaggi, davanti alla moschea e all’assemblea organizzata dai genitori della scuola multietnica ‘La Casa del Sole’ presente all’interno del quartiere.
Venerdì 19 febbraio, sotto una pioggia insistente, quattro – cinquecento persone sfilano in un corteo rumoroso, combattivo, multietnico, che si apre con uno striscione che dice a chiare lettere ‘Fuori razzisti e polizia dal nostro quartiere’. La manifestazione transita lentamente per via Padova, alternando comizi a slogan ripetuti da tutti i partecipanti.
‘Basta razzismo’, ‘basta polizia’, urlano i ragazzi, per gridare subito dopo ‘vogliamo vivere’.
Il corteo non ha fretta, si ferma sotto ogni palazzo, invitando la gente ad unirsi e raccogliendo le simpatie dei molti presenti.
Si urla ‘basta paura’ perché scendere in piazza oggi significa proprio questo, sconfiggere la paura ed il terrore che lo stato impone con le sue forze armate, con le sue leggi, i suoi campi di concentramento, i CIE.
Contro uno stato che vuole imporre l’odio e la divisione, i manifestanti hanno riaffermato un principio di solidarietà universale: ‘la nostra casa è tutto il mondo’ è stato ben più di uno slogan, potrebbe essere l’identità di una futura rivolta sociale.
È solo una questione di tempo!