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Diritti in svendita

Brutte notizie, anzi, pessime, per i lavoratori della francese Carrefour, uno dei principali protagonisti mondiali della Grande Distribuzione, con 11.000 super e ipermercati in 30 paesi, compresi Cina e Brasile. A quanto si legge su Le Monde, saranno, infatti, proprio i punti vendita di questi due paesi quelli che l’azienda si prepara a tagliare su richiesta dei suoi due principali azionisti, Colony Capital e Barnard Arnault, possessori del 13,5% del capitale.
Entrati nella Carrefour nel 2007 con l’intenzione di valorizzare l’investimento soprattutto attraverso l’ingente patrimonio immobiliare del gruppo, ora – afferma Le Monde – svanita questa possibilità a causa della crisi economica, i due azionisti stanno tentando di recuperare i loro capitali con la razionalizzazione della rete dei punti vendita, smantellando quella nei paesi emergenti e mantenendo invece quella nei paesi Europei, ritenuta la più redditizia.

Ma a quali condizioni? A fare le spese di questa manovra sono ora i lavoratori italiani (ben 26 mila alla Carrefour, Supermercati Gs e Dìperdì) che si sono visti unilateralmente disdettare il Contratto integrativo aziendale, sostituito dal cosiddetto "Piano aziendale per il collaboratore" che è entrato in vigore dal 1° Ottobre scorso ed è contenuto in un libretto di 13 pagine distribuito dall’azienda a tutti i dipendenti .
Secondo i sindacati aziendali, dal 1° Ottobre «Il premio fisso aziendale sarà riconosciuto solo a chi lo ha già maturato entro il 30 settembre, il salario variabile sarà basato su un unico indicatore scelto a discrezione dell’azienda e varrà solo per gli ipermercati già interessati al "premio di produttività" previsto dal C.i.a. ora disdettato e solo per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato con almeno due anni di anzianità. In caso di malattia, inoltre, dal 4˚ al 12˚ giorno di assenza si perderà il 25% del trattamento; le pause-mensa non verranno più retribuite e dovranno essere recuperate aumentando i turni ed infine cambierà il meccanismo degli straordinari».
L’Azienda, da parte sua, compenserebbe però i "sacrifici" imposti ai dipendenti con il mantenimento del premio fisso e l’aumento dal 5% al 10% del buono-sconto per i dipendenti sui prodotti in vendita, mentre ad ogni neo mamma verrà garantito un bonus di 250 euro, mentre 100 borse di studio da mille euro andranno ai figli dei «collaboratori» bravi nello studio. A conti fatti, un vero e proprio taglio netto alle condizioni normative e salariali dei dipendenti, con una perdita di salario stimata in circa 1.600 euro annui, segno che, dove non si esiti a ricorrere alla chiusura o alla delocalizzazione, il capitale non ha comunque alcuna intenzione di abdicare alla sua vocazione per il profitto. Se un’azienda è costretta a praticare forti sconti alla clientela pur di non perderla, dovrà pure recuperare da qualche parte quanto concesso. Detto fatto, si rivale sui dipendenti.


Contro questa vera e propria pratica anti sindacale, già prima del 3 Ottobre, giorno di sciopero per tutto il Gruppo, erano iniziate le prime azioni di lotta: Mercoledì 30 settembre, ad esempio, a Casalecchio di Reno (Bologna), è stato organizzato dai sindacati territoriali uno sciopero a sorpresa di due ore, che ha visto la partecipazione di circa l’80% dei lavoratori. Il 3 ottobre, infine, lo sciopero di tutto il Gruppo è riuscito pienamente, con punte di adesione che fonti sindacali stimano tra il 70% ed il 90% e questo nonostante l’Azienda avesse preventivamente distribuito ai Capi Reparto un manuale di ben 40 pagine contenente meticolosi "consigli" su come affrontare la giornata durante tutte e quattro le sue fasi: il pre-sciopero, il giorno prima, il giorno dello sciopero (denominato «la giornata dell’adrenalina») e il post sciopero.
Ma la clamorosa mossa della Carrefour, passata praticamente sotto silenzio anche da parte della stampa "Democratica", ha in sé una valenza pericolosamente significativa. Si tratta, infatti, non solamente del primo caso in Italia di cancellazione unilaterale dell’Integrativo avvenuta nel pieno della crisi economica e soprattutto occupazionale che sta investendo il nostro Paese, ma anche di un vero colpo al cuore per quella "Contrattazione di secondo livello", elevata, da parte del Governo e di CISL e UIL (la CGIL aspetta sorniona), al rango di miracolosa leva per risollevare le sorti degli stipendi italiani. Uno strumento ben studiato per riuscire a costringere i lavoratori italiani a chinare ancora una volta ed ancora di più la schiena, confidando nella speranza di poter portare a casa in un futuro non meglio precisato aumenti di stipendio più gratificanti. La solita carota, ovviamente.


Ed ora, invece, messi di fronte al fatto compiuto, il Governo italiano ed i sindacati suoi alleati si ritrovano improvvisamente in mano non più un forte strumento propagandistico atto ad incentivare l’agognata produttività, bensì un bel due di picche, un’arma spuntata, un pezzo di carta straccia senza valore che non è più spendibile verso chicchessia, sindacato o singolo lavoratore, in quanto si è in tal modo creato un precedente che potrebbe ora venire praticato a piacere su tutto il territorio nazionale. Appare d’altra parte evidente come la Corporation d’Oltralpe, con il cancellare d’imperio il contratto integrativo di ben 26.000 lavoratori, dimostri nei fatti che dei piani governativi e sindacali Italiani non le importa né poco né nulla. Anzi, a ben vedere questa iniziativa rappresenta un segnale preciso in quanto mette in chiaro una volta per tutte che gli unici diritti da salvaguardare sono quelli degli azionisti, soprattutto se si tratta degli azionisti di una multinazionale estera e che, di conseguenza, il Governo, i Sindacati e soprattutto i lavoratori di una repubblica delle banane come quella italiana hanno una sola alternativa possibile: quella di adeguarsi e tacere.
Si tratta ora di vedere le prossime reazioni degli interessati, stante che quelle dei lavoratori sono state già abbondantemente palesate sia con uno sciopero pienamente riuscito che con una denuncia contro la Carrefour. Vedremo quindi se il Governo, preso in contropiede, vorrà rimettere indietro le lancette dell’orologio, accogliendo e magari appoggiando la denuncia per comportamento anti sindacale sporta contro la Carrefour, oppure se, al contrario, questa vicenda costituirà un ennesimo passaggio sulla via in discesa che porta allo smantellamento finale di qualsiasi diritto per tutti i lavoratori italiani.

L’Osservatore

Posted in da Umanità Nova.