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25 Aprile – Azione libertaria contro vecchi e nuovi fascismi

I 25 aprile non sono tutti eguali. Le ricorrenze collettive, come d’altronde quelle personali, sono vissute a seconda dei momenti con maggiore o minore partecipazione, con maggiore o minore entusiasmo.

Abbiamo avuto tanti, troppi 25 aprile istituzionali, puramente commemorativi e inevitabilmente retorici, di una Resistenza ad uso e consumo delle contingenze politiche, all’insegna di una ‘pacificazione nazionale’ dietro la quale si è permessa la svendita dei contenuti anticapitalistici ed egualitari di buona parte della lotta armata del 1943-1945, la capitolazione di ogni volontà profondamente trasformatrice, la ripresa dell’iniziativa e dell’arroganza della borghesia e dell’alta burocrazia di Stato.

Abbiamo avuto altri 25 aprile dove il collegamento con le lotte dei lavoratori e con i movimenti sociali è stato più diretto, più partecipato, e questo perché il nemico di allora si ripresentava in maniera più palese.

Il fascismo, apparentemente sconfitto dall’insurrezione armata della Resistenza, in realtà non ha mai smesso di operare, sotto varie vesti, dall’immediato dopoguerra ad oggi, a volte come semplice supporto alla destra politica ed economica, a volte come elemento di punta dell’offensiva reazionaria e conservatrice: lo testimonia la lunga scia di sangue e di violenza che ha attraversato questo paese (come non ricordare le stragi di P.zza Fontana, di Brescia, ai treni, alla stazione di Bologna…).

La realtà odierna è contrassegnata da un rinnovato protagonismo fascista che non è tanto dovuto alla crescente intensità di provocazioni e aggressioni né all’apparente radicamento territoriale, quanto al diffondersi di un clima generale di intolleranza, razzismo e sessismo che ha modificato i rapporti sociali, i comportamenti collettivi e le dimensioni individuali, basato com’è sul disprezzo e l’odio per il ‘diverso’ (il senzatetto, l’immigrato, lo zingaro, l’ebreo, l’islamico, ecc.) e che si ripropone come sbocco ‘naturale’ di una mentalità autoritaria e di una strutturazione gerarchica della vita sociale.

Ciò che deve preoccupare tutti è l’esistenza di una vasta rete di alleanze di fatto, che va dalle destre istituzionali alla criminalità organizzata e ad ampi settori dell’apparato statale, fino ai gruppuscoli dell’estremismo più becero.  Infatti, al di là dei linguaggi, i loro obiettivi sono identici: i migranti, i comunisti, gli anarchici, i ‘diversi’, i centri sociali, i sindacati di base…, a dimostrazione che quanto fanno praticamente i nazifascisti rientra pienamente nella campagna d’ordine sicuritaria agitata dalla stampa di destra (‘Libero’, ‘Il Giornale’, ecc) e sostenuta da quei sedicenti ‘moderati’ che vorrebbero più polizia e più repressione, insieme a quell’apparato statale che, tramite giudici e poliziotti, arresta, denuncia e persegue penalmente i militanti antifascisti, criminalizzando le manifestazioni di piazza con il principio della responsabilità collettiva e dilatando l’applicazione degli articoli sull’associazione sovversiva. Quello stesso apparato che, tra le file delle forze di repressione interna ed esterna, arruola e mantiene in servizio individui dichiaratamente fascisti, come si è visto nella nostra storia recente.

Per questo la pratica antifascista oggi si trova a doversi misurare con un avversario che va ben oltre le contingenze di una necessaria autodifesa nei confronti di una manovalanza violenta ed aggressiva di bande di esaltati, nella consapevolezza che l’antifascismo di regime, istituzionale ed inoffensivo, nel celebrare retoricamente i combattenti ed i caduti, ha in realtà affossato le vere ragioni della loro lotta, della loro ribellione, che erano lotta e ribellione all’autorità dello Stato-padrone.

Non basta inchiodare i fascisti alle loro responsabilità storiche ed attuali, non basta denunciare i nuovi ‘ducetti’ alla Salvini, ma è indispensabile sollevare il velo sull’ipocrisia dell’antifascismo di regime che sul sangue e i sacrifici dei resistenti ha collaborato al grande patto di ricostruzione capitalistica nazionale ridando fiato ai propri mostri.

Come non ricordare che viviamo in un periodo storico ove l’omologazione delle coscienze, il ricorso alle azioni di guerra, la repressione del dissenso, qualsiasi esso sia – dalla difesa del territorio alla difesa del libero pensiero – è prassi quotidiana.

Come non aver presente che, anche nel campo dell’antifascismo di regime, allignano pulsioni autoritarie che nell’azione del governo Renzi trovano concreta realizzazione, dalle misure sul mondo del lavoro, alle riforme costituzionali che vanno nella direzione di un rafforzamento del ponte di comando, in una deriva a destra che non pare trovare più argini.

Viviamo in una pseudo-democrazia che ci fa credere di essere liberi solo perché ci chiama periodicamente alle urne negandoci, l’indomani, il diritto alla partecipazione e alle decisioni che riguardano la nostra vita individuale e collettiva (come in Val Susa,…).

Viviamo in città che lasciano sfilare impunemente i neo-fascisti con tanto di saluto romano e vessilli nazisti e incarcera chi vi si oppone.

Viviamo sotto il continuo attacco politico-clericale alle libertà individuali e collettive, all’autodeterminazione e al diritto di scelta per le donne, alla libera sessualità, per garantire il privilegio maschile e l’imposizione di un modello unico di relazioni interpersonali fino alla sopraffazione e alla violenza.

Viviamo sotto il ricatto dell’accettazione passiva di un lavoro salariato malpagato, sempre più precario, a rischio di infortuni e di morte, sottoposto alle manovre antiumane della ricerca del profitto ad ogni costo.

Viviamo in territori sempre più inquinati, dominati dalla speculazione – che ci nega il diritto alla casa – e dalla devastazione ambientale (Expo 2015, Grandi Opere, ecc.).

Viviamo in città sempre meno socializzanti, militarizzate e più “impaurite”, condizionate dall’offensiva mediatica di stampa e TV.

Viviamo in un clima internazionale dominato dalle grandi manovre degli imperialismi, che per ridisegnare le varie zone d’influenza e di dominio hanno scatenato guerre atroci, ridando fiato ai totalitarismi etnici e religiosi, con il massacro di popolazioni inermi.

È ora di dire basta! È ora di invertire la tendenza!

Ora più che mai vi è quindi la necessità di ribadire la nostra più ferma opposizione ai nuovi tentativi autoritari che si delineano all’orizzonte.

Dobbiamo convincere i “delusi” delle sinistre parlamentari e autoritarie sconfitte dalla storia e dalle urne elettorali, gli oltre 11 milioni di cittadini/e che queste urne hanno disertato, tutti gli antifascisti e gli amanti della libertà affinché, senza indugi, abbandonino ogni illusione parlamentaristica e diano vita piuttosto ad organizzazioni di base senza gerarchie, senza funzionari di partito e di apparato, per il rilancio dell’azione diretta collettiva, la gestione in prima persona della lotta, il rifiuto della delega come garanzie di un percorso autogestionario che non si limiti agli “aggiustamenti”, alle “compatibilità” interne all’organizzazione capitalistica del lavoro e della società, ma ponga all’ordine del giorno la trasformazione radicale dei rapporti sociali, per un mondo di libere ed uguali.

Dobbiamo sostenere lo sforzo di quanti nel mondo, da Kobane alla Palestina, lottano per conquistare la libertà ed il diritto all’autodeterminazione.

Per rispettare la memoria storica, per ricordare che la lotta antifascista è nata nel 1919 e non è finita il 25 aprile di settanta anni fa, per onorare i compagni e le compagne cadute, l’antifascismo deve tornare ad intrecciarsi alla critica radicale dell’esistente ed alla prospettiva rivoluzionaria di una società senza gerarchie né sfruttatori, sconfiggendo sul terreno della pratica sociale – autogestionaria, solidale, antirazzista, antisessista – ogni tentativo di criminalizzazione della nostra vita e di attacco alle libertà individuali e collettive.

Posted in da Umanità Nova.